Finalmente una bella giornata di sole! Una gita in montagna, una passeggiata sul lungomare, si riprendono le attività all’aria aperta abbandonate durante l’inverno e il giorno dopo ci si ritrova con un fastidioso mal di gola.

Perchè?

Il mal di gola può avere diverse cause: può essere il sintomo di una semplice irritazione dovuta all’aria troppo secca, ad una sostanza irritante o ad un’allergia, oppure può essere originato da una infezione batterica o virale.

La prima barriera di difesa alla nostra gola è rappresentata dalle tonsille, ghiandole disposte ad anello tra naso e palato e primo bersaglio di batteri e virus. Superate le tonsille ci troviamo nella faringe, il tratto respiratorio in cui si riuniscono le cavità di bocca e naso, suscettibile all’azione dei microrganismi ma anche all’aria troppo fredda o troppo secca e ai cibi troppo caldi. Proseguendo verso il basso ecco la laringe che ospita le corde vocali, più o meno all’altezza del pomo d’Adamo, continuando poi nella trachea.

A seconda del punto in cui veniamo colpiti il mal di gola può quindi essere una tonsillite, una faringite (che porta bruciore e difficoltà a deglutire), laringite (caratterizzata da raucedine o da afonia) o tracheite (dolore più profondo).

Nella maggior parte dei casi sono condizioni che si risolvono spontaneamente, ma possiamo alleviare i sintomi, ridurre la carica batterica e prenderci cura dei tessuti coinvolti con alcuni rimedi naturali.

Una rete internazionale di ricercatori ha compilato un database di erbe per la voce (Herbs for Voice Database), nel tentativo di trovare una base comune nell’azione delle diverse piante usate tradizionalmente per la cura di voce e gola, tenendo conto anche del fatto che la stessa specie di pianta può avere caratteristiche leggermente diverse a seconda della sua posizione geografica.
I primi risultati di questo lavoro consistono nell’analisi di 44 piante e oltre 100 fitocomposti.
La pianta che spicca per ricchezza di attivi e specificità di azione è l’erisimo (Sisymbrium officinalis), che alla corte del Re Sole si guadagnò il titolo di “Erba dei cantanti”.
E’ una pianta che appartiene alla famiglia di cavoli e senape, come si intuisce dal sapore aspro che la caratterizza. Il suo contenuto in zolfo si traduce in un’azione mucolitica, ma più interessanti sono le proprietà antinfiammatorie e miorilassanti del tratto laringeo.
Inoltre è stata dimostrata una azione su uno specifico recettore responsabile della sensazione di dolore (di origine infiammatoria o neurologica) molto simile ad uno dei  meccanismi d’azione del paracetamolo.

La tradizione ci porta altri due rimedi molto popolari, entrambi prodotti dall’alveare, la propoli e il miele.

 

Ma come funzionano?

La propoli viene prodotta dalle api miscelando resina e linfa degli alberi (specialmente i pioppi) con cera, polline ed enzimi.

50% resina

30% cera

10% oli essenziali ed aromatici

5% polline

5% impurità

(fasi lavaggio e purificazione)

Lo schema sopra riporta una composizione approssimativa: al di là delle differenze dovute alla specie di albero coinvolto e alla regione geografica, le api sono in grado di modificare la percentuale di cera aggiunta in funzione del bisogno, aumentandola in caso di utilizzo in riparazioni della struttura dell’alveare o diminuendola se è necessario rivestire una superficie per conferire protezione, caso in cui la propoli assume una consistenza più simile ad una vernice.

Il suo utilizzo, nella forma di vernice conservativa, è documentato nella produzione di alcuni violini di Stradivari.

Se siamo portati a pensarei rimedi naturali come alternative light, sarà utile fermarsi a considerare che tramite la propoli le api sigillano germogli e semi per evitare che le piante invadano l’alveare, e può succedere che la stessa sorte tocchi anche a piccoli roditori!

Data la notevole differenza che può esserci tra i vari lotti di propoli, uno standard di qualità e di attività facilmente leggibile in etichetta è la titolazione (contenuto in percentuale) di galangina, un flavonoide ad attività antiossidante e antinfiammatoria.

Il principale responsabile dell’azione della propoli è però l’acido caffeico con i suoi derivati (esteri) che agiscono come potenti modulatori del processo a cascata infiammatorio, sopprimendo la formazione di prostaglandine e leucotrieni e inibendo l’enzima ciclossigenasi in maniera simile a quella dell’aspirina o dell’ibuprofene.

 

Contiene anche quercetina, che inibisce il rilascio di istamina.

La propoli è attiva contro l’Escherichia Coli, lo staffilococco aureo e anche contro lo streptococco cariogeno: inibisce infatti la sintesi delle molecole insolubili in acqua che mantengono il film batterico aderente allo smalto dei denti.

Ha anche una parziale attività contro il virus influenzale, ma solo come prevenzione (somministrato per aerosol al 5%), è purtroppo inefficace dopo l’infezione.

La linfa del pioppo, ovvero la componente principale della propoli, ne costituisce una alternativa vegana.

Anche il miele è caratterizzato da una notevole varietà di composizione, a seconda della posizione geografica dell’alveare e delle speci vegetali della zona di produzione.

Se nel miele degli alveari spontanei l’attività può variare anche di un fattore 100, il controllo esercitato da serre e apicolture rende possibile una maggiore uniformità della composizione.

Il miele è ricco di sostanze attive, rappresentate soprattutto da fenoli e flavonoidi oltre a vitamina C e betacarotene, sostanze la cui biodisponibilità è stata verificata da lavori scientifici.

Ogni singola sostanza è presente a livelli troppo bassi per essere attiva da sola, ma come spessissimo succede nei rimedi naturali l’azione complessiva è superiore alla somma delle singole attività (sinergia).

Un’indicazione immediata sull’attività del miele l’abbiamo dal colore: un colore scuro indica una ricchezza di fenoli e quindi una maggior attività antiossidante.

La sua attività antibatterica si manifesta a livello sia chimico, sia fisico:

L’attività antibatterica è verificata su E.Coli, S. aureo e S. epidermidis.

Non solo il miele non induce resistenza batterica, ma è stata riportata la capacità di ritardarne l’insorgenza se somministato insieme ad antibiotici.

Il miele con il più elevato contenuto di fenoli e con la più alta capacità antiossidante è il miele di manuka, da una pianta originaria della Nuova Zelanda, tanto che è diventato lo standard di riferimento per l’attività.

Rispetto agli altri tipi di miele è ricchissimo in metilgliossale, dalle spiccate attività antivirali e antinfiammatorie. Ha anche un’azione stimolante sui macrofagi, che rimuovono i batteri.

E’ stato ipotizzato anche un meccanismo di azione regolatore sull’espressione genetica dei batteri, perchè è stata dimostrata la capacità di reintegrare la resistenza ad un antibiotico (oxacillina) su un terreno batterico che l’aveva precedentemente sviluppata.

Il contenuto in gliossale viene espresso con l’UMF (Unique Manuka Factor) che serve appunto da indice di attività nell’analisi dei diversi tipi di miele.

Tutti questi meccanismi di azioni rendono il miele una interessante alternativa per la cura di ferite e piaghe.