Per vitamina D si intendono una serie di sostanze liposolubili, principalmente il colecalciferolo (di origine animale) e l’ergocalciferolo (di origine vegetale) che in realtà sono dei precursori della sostanza attiva che è l’ormone calcitriolo .
La funzione per cui la vitamina D è stata scoperta e studiata per molti anni è quella di regolazione del metabolismo del calcio che questo ormone svolge a più livelli: promuovendo l’assorbimento del calcio (assunto con gli alimenti) a livello intestinale, riducendo  la sua escrezione con le urine e regolando il turnover osseo.
Ne consegue che la sua carenza causa rachitismo durante l’accrescimento e osteomalacia nell’adulto ovvero situazioni in cui la massa ossea è scarsamente mineralizzata e concorre all’insorgenza di osteoporosi soprattutto nelle donne dopo la menopausa e negli anziani, con ridotta massa ossea ed aumento della sua fragilità.
 

VITAMIN D: NON SOLO OSSA

Tuttavia, poichè i recettori (VDR) su cui agisce la vitamina D sono pressoché ubiquitari nell’organismo, negli ultimi tempi la ricerca sta approfondendo il coinvolgimento di questa vitamina anche in altri processi biologici per individuare un possibile ruolo della sua carenza nello sviluppo e nell’evoluzione di alcune malattie.
Va fatta la doverosa premessa che molti di questi  studi sono in evoluzione, con affermazioni e sconferme delle stesse e che quindi le presunte attività, non essendo ancora universalmente riconosciute dalla comunità scientifica, sono ancora oggetto di studio.
La vitamina D svolge un’importante funzione regolatoria nella differenziazione cellulare ed infatti  una buona parte di questi recettori VDR si trovano all’interno del nucleo delle cellule dove partecipano alla sintesi proteica.
La vitamina D è in grado di stimolare la produzione di proteine muscolari e di attivare alcuni meccanismi di trasporto del calcio che sono essenziali per la contrazione muscolare, dunque la sua carenza può portare a dolori, riduzione della forza del muscolo ed aumento delle cadute nei soggetti anziani.
All’azione sulla differenziazione cellulare della vitamina D è stata ricondotta la sua capacità di inibire la proliferazione e di indurre l’apoptosi (una processo di morte cellulare programmato) di alcune cellule tumorali e per questo la sua carenza viene studiata in correlazione all’aumento di incidenza di alcune forme tumorali.
Sempre di recente si è scoperto un suo importante ruolo nella regolazione del sistema immunitario. Questa proprietà ha un carattere modulatorio tant’è che la sua carenza è stata correlata sia ad un aumento delle infezioni che all’insorgenza di malattie autoimmuni come  il diabete 1 e l’artrite reumatoide e numerosi studi ipotizzano che bassi livelli di vitamina D nel sangue rappresentino un fattore di rischio per la sclerosi multipla.
Da qualche anno si sta studiando una possibile azione neuroprotettiva della vitamina D nei confronti del declino cognitivo e del morbo di Alzheimer.
La sua carenza è stata correlata anche ad altre patologie del sistema nervoso quali il morbo di Parkinson e ci sono studi che la vedrebbero implicata nella modulazione dell’umore da cui alcuni ricercatori ipotizzano un suo coinvolgimento nell’aumento dei livelli di serotonina.
Numerosi sono anche gli studi che indagano la sua funzione protettiva sul cuore e sui vasi sanguigni e la sua possibile attività antipertensiva.

VITAMINA D: DOVE TROVARLA?

La sua fonte principale è il sole dato che il nostro organismo è in grado di sintetizzarla a partire da un particolare colesterolo presente nella pelle attraverso una serie di reazioni chimiche indotte dalle radiazioni ultraviolette B.
Negli alimenti la vitamina D non è molto diffusa e la sua fonte principale è il pesce , in modo particolare quello grasso.
Ne è ricco anche l’ olio di fegato di merluzzo, ne contengono una discreta quantità il tuorlo d’uovo, il fegato, il burro, i formaggi grassi e la panna.
L’unica fonte vegetale che contiene quantità rilevanti di vitamina D sono i funghi.
Essendo una vitamina liposolubile assumere gli alimenti o gli integratori che la contengono insieme ad un po’ di olio di oliva ne favorisce l’assorbimento, viceversa l’assunzione concomitante con olio di vaselina, usato talvolta come lassativo (che non viene assorbito a livello intestinale, bensì eliminato) lo riduce.
La vitamina D ottenuta con l’esposizione al sole come anche quella introdotta con la dieta è una forma ancora inattiva che deve subire due ulteriori passaggi, il primo nel fegato ed il secondo nei reni, per diventare il calcitriolo cioè l’ormone effettivamente dotato di attività.
Il 25(OH)colecalciferolo, che si forma dopo il passaggio nel fegato, è il principale metabolita circolante della vitamina D e per questo la sua concentrazione nel sangue è il parametro che viene impiegato per valutare la quantità  di vitamina D presente nell’organismo.
Il suo valore considerato normale è tra 30 e 100 ng/mL ma secondo alcuni studiosi 30 costituirebbe un limite eccessivo nei soggetti sani.

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