Difficoltà ad addormentarsi, risvegli precoci o sonno frammentato da numerosi risvegli sono le diverse modalità nelle quali l’insonnia può manifestarsi disturbando il riposo notturno.

Nel medioevo era tradizione che gli aspiranti cavalieri trascorressero la notte precedente la loro investitura a digiuno e in preghiera, vestiti di bianco. Da qui prende origine “passare la notte in bianco”!
L’uomo trascorre un terzo della sua vita dormendo, il numero di ore trascorse nel sonno diminuisce fisiologicamente con l’età ed è assolutamente normale che nel corso della vita la sua fisiologia possa cambiare in relazione a numerosi fattori sia organici che ambientali.
Il meccanismo circadiano (cioè periodico nelle 24 ore) del ciclo sonno-veglia è regolato principalmente da un sorta di “orologio interno”, dalla luce e dalla temperatura corporea.
L’orologio interno è geneticamente determinato: si è visto che anche in assenza di modificazioni della luce gli individui si addormentano e risvegliano con la medesima ciclicità sebbene con cicli un po’ più lunghi delle 24 ore.
La luce ha tuttavia un ruolo importante poiché inibisce il rilascio di melatonina (ormone che favorisce l’addormentamento) la cui produzione è viceversa stimolata dal buio.
Anche la temperatura corporea possiede un ritmo circadiano, raggiunge il suo picco minimo nel cuore della notte ed il suo abbassamento favorisce la sonnolenza.
All’interno del nostro cervello il sonno viene indotto dall’accumulo di adenosina, prodotto “residuo” derivante dal consumo delle molecole che forniscono energia al tessuto nervoso. L’adenosina che via via si accumula mentre siamo “svegli” riduce la produzione di neurotrasmettitori indispensabili all’attività cerebrale nello stato di veglia.
Esiste una variabilità individuale nel fabbisogno giornaliero di sonno che va dalle 6 ore dei “brevi”dormitori alle 10 di quelli “lunghi” e si nasce già con la tendenza ad andare a dormire tardi o presto.
Ma che siamo “gufi” o “allodole”, dormitori “brevi” o “lunghi”, dormire a sufficienza è indispensabile per il nostro benessere psico-fisico.
La prima e più evidente conseguenza di una deprivazione cronica di sonno è la sonnolenza, gravata dal rischio di incidenti stradali e di infortuni sul lavoro, ma altre ripercussioni riguardano le funzioni cognitive con la riduzione dell’attenzione, della memoria e delle prestazioni. Non meno importanti sono gli effetti sull’attività immunitaria e sulle funzioni endocrino metaboliche. Nei soggetti cronicamente deprivati di sonno si verifica infatti un aumento dei marcatori sierologici dell’infiammazione che si accompagna ad immunodeficienza. Negli ultimi anni sono state evidenziate significative alterazioni del metabolismo e del sistema endocrino tra le quali la prima, per rilevanza, è la frequente riduzione della tolleranza glucidica e della sensibilità all’insulina, con aumento del rischio di diabete anche in soggetti giovani. La deprivazione cronica di sonno comporta, inoltre, una disregolazione nella produzione di grelina e di leptina (ormoni che regolano appetito e senso e senso di sazietà), con conseguente incremento del peso corporeo.
Altra conseguenza importante è la stimolazione del sistema simpatico, con conseguente aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca.

Poiché il sonno è un processo fisiologico complesso e molto suscettibile sono numerosi i fattori che possono influenzarlo sia qualitativamente che quantitativamente.

Occhio alla cena. Tutti sappiamo che una cena pesante disturba il sonno a causa della lenta digestione, ma attenzione anche a saltare la cena poiché l’ipoglicemia stimola la secrezione di ormoni “eccitatori”.
Il pasto serale amico del nostro sonno dovrà essere leggero e distanziato sufficientemente (almeno 2-3 ore a seconda della composizione del pasto: le proteine richiedono più tempo ad essere digerite rispetto ai carboidrati).
Alcuni studi hanno inoltre dimostrato che l’assunzione di un pasto serale contenente prevalentemente carboidrati con poche proteine migliora l’assorbimento del triptofano (un amminoacido precursore di serotonina e melatonina) rispetto all’ingestione di un pasto prevalentemente proteico.
Esistono poi bevande e alimenti che andrebbero evitati la sera. Sono noti gli effetti negativi sul sonno di tè, cioccolato, cola e caffè: la caffeina contenuta al loro interno compete con l’adenosina per gli stessi recettori, impedendole  così di svolgere il suo ruolo “soporifero”.
Meno noto è che anche sale e glutammato quando assunti in eccesso (patatine, salatini, dado, salsa di soia ecc) possono causare notti difficili: il sale eccessivo disturba il sonno attraverso molti processi fisiologici collegati all’aumento della sua concentrazione, mentre il glutammato è di per sé un neurotrasmettitore eccitatorio, indispensabile nella trasmissione nervosa.
Può essere utile anche evitare l’assunzione di molti liquidi nelle ore serali che durante il sonno provocherebbero frequenti risvegli per la necessità di svuotare la vescica.
Alcol, falso amico del sonno. Sebbene l’alcol sia un sedativo e come tale favorisca l’addormentamento, esso altera i cicli del sonno, causando più risvegli e abbreviando le fasi più importanti del sonno profondo. In aggiunta uno studio molto recente ha dimostrato che anche modeste quantità di alcol assunte prima di coricarsi possono ridurre del 19% la produzione di melatonina.
Fumatore = cattivo dormitore. La nicotina agisce su un tipo di recettore (quello nicotinico appunto) che è molto diffuso nel nostro organismo (sistema nervoso centrale e periferico, muscoli) determinando numerosi effetti tra i quali la liberazione di neurotrasmettitori eccitatori.
Attività fisica: sì ma quando? E’ ormai provato che il regolare esercizio fisico determina il rilascio di endorfine e dopamina, neurotrasmettitori che favoriscono il benessere fisico e mentale migliorando anche la qualità del sonno. Tuttavia, poiché l’attività fisica aumenta la temperatura corporea, accelera la frequenza cardiaca e stimola il sistema nervoso, se la pratichiamo a ridosso dell’ora in cui ci corichiamo, ostacolerà l’addormentamento.
Stress cronico perturbatore del sonno. Il cortisolo è il cosidetto ormone dello stress, la sua concentrazione nell’organismo aumenta in situazioni stressogene per favorire la risposta e l’adattamento. La sua secrezione è regolata da un meccanismo di feedback (quando è troppo elevato cessa la secrezione) ma quando lo stimolo perturbante persiste questa regolazione fisiologica cessa di funzionare determinando un’ipercortisolemia che porterà, tra gli altri effetti, anche ad alterazioni dei meccanismi dell’addormentamento e del mantenimento del sonno.
Ritmi e rituali “costruttori di sonno”. Chi ha un bimbo piccolo lo sa bene quanto aiutino, ma anche per gli adulti può rivelarsi utile creare dei rituali che favoriscano il rilassamento (bagno caldo, l’esecuzione per alcuni minuti di pratiche come lo yoga, la meditazione o il training autogeno…), inoltre osservare orari regolari sia per l’addormentamento che per la sveglia aiuta l’organismo a ri-sincronizzare il suo orologio interno.
Cellulari e device tengono la mente “accesa”. La cosiddetta “luce blu” di questi dispositivi segnala al cervello che si è in pieno giorno e che la melatonina, che avvia il processo di addormentamento, non deve ancora essere rilasciata. Ciò, insieme al fatto che impegniamo cognitivamente il cervello durante il loro utilizzo, ritarda i processi di rilassamento e di addormentamento.
Temperaturain media stat virtus!  Vanno evitati gli eccessi, troppo freddo e troppo caldo disturbano entrambi il sonno, mentre un ambiente tiepido con aria non troppo secca lo favorisce.
Quando la causa è un’altra malattia. Numerose sono le malattie che possono determinare direttamente o indirettamente insonnia: il morbo di Parkinson, la malattia di Alzheimer, la sindrome delle gambe senza riposo, alcune malattie della tiroide, il diabete, i disturbi prostatici, le sindromi dolorose di varia origine, le patologie respiratorie acute e croniche, il reflusso gastroesofageo, le allergie ecc.
Relazione più complessa è invece quella che lega la depressione all’insonnia.
Uno studio inglese del 2017 ha dimostrato come curando l’insonnia si abbia un miglioramento nei problemi psichiatrici comprese alcune forme di depressione suggerendo che la mancanza di sonno possa a sua volta contribuire all’insorgere di disturbi mentali, tra i quali anche la depressione.
Dunque dormire meglio potrebbe essere un primo passo importante per affrontare problemi psicologici ed emotivi e chiunque di noi abbia sofferto o soffra di insonnia sa bene come la mancanza di sonno influisca sul suo umore.
Insonnia come effetto indesiderato! Alcuni farmaci possono causare insonnia come conseguenza diretta di una loro azione eccitatoria (cortisonici, decongestionanti nasali, preparati tiroidei, antiparkinsoniani…) o indiretta in quanto determinano altri effetti che vanno a disturbare il sonno (diuretici, alcuni antipertensivi, ipolipemizzanti…)
In alcuni casi, quando possibile e d’accordo con il medico curante, per ridurre l’effetto negativo sul sonno può essere sufficiente scegliere la prima parte della giornata per la loro assunzione.
Turnismo e jet leg sono cambiamenti non fisiologici della collocazione cronologica del sonno che determinano un’alterazione del ritmo circadiano ed uno sfasamento dell’orologio interno. Nel caso di cambio del fuso orario, l’organismo riesce ad adattarsi a questo sfasamento dopo pochi giorni. Purtroppo questo adattamento non può esserci nel caso di una continua alternanza di turni diurni e notturni, determinando una vera e propria “sindrome del turnista”.

RIMEDI NATURALI

Esistono rimedi naturali in grado di migliorare il riposo notturno supportati da evidenze scientifiche, oltre che osservazionali.

Ancora una volta sottolineiamo come sia importante, per la loro efficacia e sicurezza, che questi prodotti siano titolati e standardizzati, cioè che per ogni dose il contenuto di principio attivo sia noto e “costante”. 

VALERIANA OFFICINALIS L. radice E.S.

 
L’EMA (agenzia europea per i medicinali) le ha riconosciuto l’efficacia “nel ridurre il tempo di latenza necessario ad addormentarsi, nel ridurre la frequenza dei risvegli notturni e nel prolungare la durata del riposo notturno…” senza sonnolenza residua al risveglio.
Il suo estratto possiede anche attività ansiolitica per azione sui recettori del GABA (acido gamma-aminobutirrico) gli stessi sui quali agiscono le benzodiazepine; questa azione si deve sia alla stimolazione diretta dei recettori che all’aumento della disponibilità del neurotrasmettitore che agisce su di essi.
Concorre alla sua azione favorente l’addormentamento anche un’azione spasmolitica e miorilassante senza modifica dei tempi di reazione (a differenza di altri tranquillanti) anche se è possibile rilevare un lieve calo della vigilanza nelle due ore successive alla sua assunzione.

ESCHSCHOLZIA CALIFORNICA CHAMISSON radice E.S.

Possiede attività sedativa, ansiolitica e antinevralgica.
Anche l’escolzia è un rimedio conosciuto come efficace nel ridurre la fase di addormentamento ed i risvegli notturni, inoltre pare influire anche sulla fase REM (quella in cui compaiono i sogni) riducendo gli incubi, favorendo un sonno ristoratore e tranquillizzante.
IL suo estratto, nell’uso clinico, ha dimostrato avere azione prolungata mantenedo però l’acuità mentale durante il giorno.
Nel suo fitocomplesso ci sono anche sostanze con attività spasmolitica (soprattutto dell’apparato gastroenterico) e miorilassante, la qualcosa la rende utile anche nelle insonnie accompagnate da crampi e nelle sindromi dolorose.
E’ controindicato il suo uso prolungato nell’anziano con turbe dell’apparato cardiocircolatorio e del ritmo cardiaco ed in caso di malattie epatiche.

ZIZYPHUS JUJUBA MILLER frutto E.S. 

I frutti dolce-aciduli del giuggiolo sono conosciuti per le loro proprietà emollienti e bechiche, antinfiammatorie (soprattutto per l’apparato respiratorio) e sedative per il sistema nervoso.
In Oriente i suoi frutti vengono usati tradizionalmente come ipnotici, sedativi e ansiolitici. In particolare, uno dei suoi principi attivi, lo juijuboside A ha dimostrato la capacità di ridurre l’iperattività neuronale.

GRIFFONIA SIMPLICIFOLIA BAILL. semi E.S.

 
I semi di questa pianta, la cui forma ricorda qualla delle fave, sono ricchi di 5-idrossitriptofano (5-HTP) un amminoacido che attraversa la barriera ematoencefalica e viene trasformato in serotonina. L’aumento della concentrazione di questo neurotrasmettitore è associato alla regolazione del tono dell’umore e ad un miglioramento del sonno.
La farmacia Favero ha scelto queste 4 piante per formulare il suo VEROVAL utile in caso di insonnia e negli di agitazione e irritabilità.

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