Poiché il profumo era fratello del respiro. Con esso penetrava negli uomini, ad esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore, e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l’amore dall’odio. Colui che domina gli odori, domina i cuori degli uomini (Suskind, Das Parfum).
Con queste parole lo scrittore Suskind riesce a descrivere nella sua opera, l’importante relazione che lega il profumo all’uomo. Il valore che le essenze hanno ricoperto e ricoprono del corso della vita. Poiché imprescindibilmente legate all’atto respiratorio è impossibile rimanerne indifferenti e non esserne coinvolti.
Il termine profumo ha origine latina e deriva da “per fumum” che significa attraverso il fumo. Questo perché, durante i rituali religiosi, i sacerdoti gettavano sulle braci ardenti unguenti profumati e piante aromatiche. Ritenevano che l’imponente nuvola di fumo che si generava, permettesse loro di comunicare con gli dei e chiedere la loro benevolenza.
Tuttavia, nonostante il nome derivi dall’epoca romana, l’uso del profumo era già consolidato da millenni. Gli egizi riportavano le formulazioni sui muri di quelli che erano diventati i loro laboratori. Tuttavia non di tutte le composizioni veniva lasciata traccia: alcune miscele avevano valenza così preziosa da venir tramandate esclusivamente da preparatore a preparatore.
Gli egizi ritenevano che il profumo fosse il ‘sudore’ degli dei, un tramite tra l’uomo e il divino. Il loro utilizzo permetteva la miglior conservazione delle membra in vita per favorire poi il passaggio nell’aldilà. I profumi accompagnavano anche la sepoltura, i corpi e i teli in cui venivano avvolti erano trattati con unguenti profumati.
Nell’Antico Egitto, l’utilizzo di oli profumati trovava spazio anche al di fuori delle mura religiose. I primi esempi di aromaterapia risalgono proprio a questo periodo, con i faraoni che erano soliti versare sulla pelle qualche goccia di kyphi, un profumo composto da più di 60 essenze. Il kyphi era noto per avere un’azione rilassante, per favorire il sonno e trasportare chi lo utilizzava, in uno stato di pace profonda.

 

Nelle valli del Nilo però il profumo acquisisce anche una nuova valenza che si discosta dal rito religioso e dallo scopo curativo. Diventa parte integrante dell’igiene personale e anche arma seduttiva per i ceti più abbienti. Non a caso Cleopatra accolse Marco Antonio avvolta in una nube di profumi e in stanze allestite con i fiori più odorosi. Il profumo si presenta così nel suo ventaglio di possibilità, facendo l’occhiolino alla sfera emotiva che ha avuto la meglio nel suo uso moderno. I profumi sono presenza e sono memoria: quante volte, solo sentendo delle note nell’aria, ci tornano alla mente tempi passati e le sensazioni che abbiamo provato.

 

L’arte dei profumi ebbe poi un ruolo importante in tutte le civiltà che si susseguirono. Nella società ellenica, come in quella egizia, le essenze erano considerate un mezzo di comunicazione con le divinità. Ogni dio era associato ad una particolare profumazione che veniva usata per evocarlo.
Il profumo entrò anche a far parte del ‘culto del bello’ di cui i greci furono i promotori. Nacque proprio qui, nella penisola ellenica, il primo testo ufficiale sull’arte dei profumi scritto da Teofrasto di Ereso e intitolato ‘Sui profumi’. Teofrasto era un allievo di Platone e di Aristotele e in quest’opera catalogò gli odori, classificò le piante di origine aromatica e analizzò tutti i procedimenti estrattivi che permettevano di ottenere le essenze a partire dalla materia prima. Si trattava per lo più di macerazioni a caldo o a freddo di sostanze di origine animale o vegetale in una base grassa. Quella di elezione era ovviamente l’olio di oliva di cui la penisola era ricchissima e che ne permetteva una lunga conservazione. Tra le piante più usate si annoverano l’iris, le rose e gigli, mentre l’ambra tra quelle di origine animale. L’ambra grigia è una sostanza odorosa prodotta dall’apparato digerente del capodoglio, che si accumula nell’intestino del cetaceo e poi viene rigurgitata naturalmente. Poiché di derivazione animale, così come tutte le altre materie prime di questo tipo, è feromonale e ha azione stimolante a livello centrale. Sono note le capacità attrattive di queste essenze animali, che si riscontrano in profumi seducenti e carnali.

I mercati, le conquiste permisero poi di ampliare il numero e la varietà di sostanze utilizzate, rendendo sempre più raffinato e fine il naso dei profumieri del tempo. Il prezzo era alto, per la qualità delle sostanze usate, per la loro rarità e per la resa estrattiva da cui si ottenevano solo poche gocce nonostante le grandi quantità di partenza. Il profumo, anche se usato ormai da un numero più cospicuo di individui, rimaneva un oggetto prezioso da usare con cura e garbo e lo testimoniano le boccette di Corinto chiamate aryballos in cui venivano raccolti e venduti. Finemente ricamate erano dotate di una struttura simile a un dischetto concavo in cui confluivano le gocce cadute in eccesso. Nelle botteghe dei mastri profumieri erano vendute essenze ma anche formulazioni complete e finite, che si ripetevano ed erano caratteristiche del territorio come il Panathenaicum di Atene. C’erano poi profumi alla moda e di tendenza che si aggiornavano costantemente. Non tutti però amavano cospargersi di profumi: alcune personalità di spicco della società li rifuggivano perché li consideravano i più vani dei vizi, effimeri perché evanescenti. Tra loro si annoverano Socrate in Grecia e Plinio il Vecchio a Roma.

Infatti questa nuova arte era arrivata anche nello stivale e in particolare nella capitale e anche qui la connotazione non era solo religiosa. Gli invitati erano accolti nei ricchi banchetti con brocche d’acqua profumata, i triclinium e le tovaglie erano imbevute con essenze, le ali di colombe venivano immerse in acque profumate e poi fatte volare per odorare le stanze. Lo stesso Cesare possedeva una fragranza personale e riconoscibile. La sua scia profumata aveva un nome preciso che egli stesso riporta nel ‘De Bello Gallico’. Si tratta del Telium costituito da olio di oliva fresco arricchito con fieno greco, maggiorana e meliloto.

Gli anni hanno permesso che i profumi diventassero fruibili a tutti perché ognuno potesse trovare il suo.

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