Testimonianze delle essenze si hanno poi nella Bibbia, in particolare nel libro dell’Esodo. Qui il Signore ordina a Mosè di costruire un altare per i profumi, e gli indica quali deve offrire su di esso: resina, conchiglia odorosa, galbano e non solo. Lo dovrà preparare secondo l’arte del profumiere, salato, puro e santo. Si parla di incenso, considerato il profumo d’eccellenza e riservato al culto. È un segno d’onore e di riconoscenza al Signore.
Saranno gli arabi a riportare e conservare nei loro manoscritti tutto il sapere che fino a quell’ora era stato raggiunto. Mentre nel vecchio impero romano divampano le barbarie, in oriente le formulazioni vengono perfezionate: le note di rosa, di gelsomino sono le preferite e sono continuamente riproposte e arricchite.
Le essenze si intrecciano fortemente anche con le vite delle popolazioni dell’Asia più orientale. Come riportato da Marco Polo di ritorno dall’oriente, le donne più belle della Cina erano quelle profumate ed è per questo che già da bambine venivano invogliate a bere acqua arricchita con essenze come il patchouli. In questo modo sarebbero cresciute sane e belle con una pelle che dall’interno avrebbe naturalmente trasudato gli aromi migliori. In Giappone le note cambiano e sono dolci e amare come il loro tè e fiorite come le distese di camelie che abbelliscono i loro parchi. Tuttavia l’immagine della figura femminile rimane la stessa, minuta, profumata, che non ostenta ma conosce alla perfezione l’ikebana, l’arte dei fiori che può utilizzare come arma nel gioco della seduzione.
Solo con l’avvento delle crociate, il profumo tornerà a pieno regime nell’Occidente che lo abbraccerà con tutte le nuove tecniche. Nuove spezie e aromi vengono importati e in poco tempo Venezia diventa uno tra i maggiori centri di scambio.
A Salerno viene scoperta la distillazione dell’alcool e l’Acqua di Ungheria, un estratto di rosmarino e lavanda, è uno tra i primi casi degni di nota. Si trattava del profumo personale della regina Elisabetta di Ungheria e il mastro che lo compose gli garantì che quest’essenza l’avrebbe mantenuta giovane fino alla morte. Questa ‘pozione magica’ sembrò all’altezza della parola data poichè la Regina convolò a nozze alla veneranda età di 70 anni.
Cristoforo Colombo portò dal Nuovo Mondo la vaniglia, il balsamo del Perù e quello di Tolù, il coppale, il cacao e il tabacco. Vasco da Gama, percorrendo la via delle Indie portò cannella, zenzero, pepe e garofano.
Da quel momento in poi il mondo dell’essenze fiorì sempre di più con la Spagna e la nostra penisola che si giocavano il ruolo dominante. I primi ereditando la scienza dai loro predecessori arabi, i secondi basandosi sulle ricchezze del territorio e sul gusto dell’aristocrazia e della borghesia. Gli stessi principi confezionavano essenze e acque naturali.
Fu Caterina de Medici, a seguito del suo matrimonio con il duca d’Orleans, futuro re di Francia a trasmettere la passione del profumo alla corte francese. Nel viaggio portò con se, il suo profumiere di fiducia Renato Bianco che di lì a poco venne nominato René le Florentin. Ad accoglierli a corte vi era un ceto esibizionista e sfarzoso ma purtroppo carente a livello igienico. Gli odori emanati da corpi mai lavati e da fiati sgradevoli non permettevano la convivialità e di conseguenza l’ascesa sociale. Fu così che l’uso del profumo trovò largo interesse tra i cugini d’oltralpe e René le Florentin si mise subito all’opera per dare ai francesi quello che chiedevano. Di lì a poco nacquero importanti scuole di profumeria e la Francia acquisì il primato.
Sembra doveroso riportare la nascita dell’Acqua di Colonia che viene fatta risalire alla fine del 1600. Il venditore ambulante Paolo Feminis produce una bevanda chiamata Aqua Mirabilis da lui considerata una panacea in grado di guarire tutti i mali. Si trasferisce in Germania a Colonia e la sua opera prende il nome di Acqua di Colonia.
Nei secoli successivi i ricercatori cominciano ad isolare in natura le molecole interessanti e a loro volta ad inventarne di sintetiche. Nel 1828 Woeler sintetizza in laboratorio l’urea, segnando l’inizio della chimica organica.
Compaiono prodotti nuovi e di ottima qualità che ampliano il mercato e abbassano il costo d’acquisto. Il sintetico non va inteso come prodotto di seconda scelta, anzi, preparazioni fatte in maniera corretta e conforme permettono di ottenere prodotti con profilo elevato in grado di ovviare alle carenze delle materie prime naturali. La natura infatti, dona fragranze meravigliose ma ne sancisce anche i limiti. In aggiunta, spesso per poche gocce di essenza sono necessari grandi volumi di piante, la cui lavorazione non è sempre facile.
L’unione tra essenze naturali e sintetiche si riscontra nelle formulazioni moderne, ed è un mondo così vasto da richiederne una classificazione. Sarà il profumiere Eugene Rimmel insieme ad una commissione di esperti a dividere gli aromi in 7 famiglie olfattive: agrumi, floreale, fougere, chypre, legnoso, orientale e muschio o cuoio. In questa classificazione vengono riportate le peculiarità e caratteristiche dei vari gruppi, dando perciò un linguaggio univoco e indicazioni importanti ai professionisti e alle aziende.
Nel 1889 Aimé Guerlain parla per la prima volta di piramide olfattiva con le di note di testa, di cuore, di fondo e ad essere fondamentale è il loro grado di volatilità. Le note di testa si trovano nella parte più alta della piramide e sono le più volatili, quelle che si percepiscono per prime e che più velocemente svaniscono. Perdurano per circa qualche minuto per poi lasciare spazio alle note di cure, che si sentono con meno immediatezza ma poi sono presenti per molte ore. Sono spesso profumazioni che rilassano e riequilibrano, portando benessere al corpo. Infine si dispongono le note di fondo, che vengono definite fissanti per la loro persistenza. La loro essenza raggiunge i nostri sensi per ultima, anche dopo 8 ore ma poi lì permane. Son quelle che si sentono il giorno dopo a terminano il percorso olfattivo.